Ritorna la mia rubrica delle 10coseche, decaloghi sui più svariati temi ripresi dal blog di Eloisa Ghilardotti, nonché un ottimo esercizio per la conoscenza e la crescita di sé. Dopo l’ultima puntata dedicata a cosa si farebbe se si fosse invisibili, oggi affronto un tema davvero epico, legato nientemeno che ai momenti unici vissuti nella mia vita!
- “Il problema non sei tu, sono io”- “Ah si si lo so, questo è poco ma sicuro!”. A tutti capita di essere lasciati, con elevate possibilità di ascoltare questa pietosa frase durante il momento fatidico. Ma avete avuto la prontezza di spirito di rispondere proprio così, con aria noncurante? E’ quel che feci io. Non so cosa pensò il Lui dell’epoca, ricordo un’espressione sconcertata di chi capisce “ca**i per palazzi”.
- Ammirare il tabellone con scritto “New York” al gate dell’aeroporto di partenza. Ho già parlato di come ami viaggiare da sola e che la mia prima meta fosse la Grande Mela. Ricordo che mi fissai il tabellone pensando “ma lo sto facendo davvero?” Sì, era la felice realtà!
New York, arrivo! (Pixabay) - Comprare la macchina. Per alcuni sembrerà una cosa scontata, non per me che presi la patente a 19 anni e poi non usai più l’auto per i successivi otto. Non toccai volante per tutto quel tempo, terrorizzata. Con una serie di fortunati eventi mi feci coraggio e diventai una pilota provetta, tanto da volere finalmente il mio lasciapassare per la libertà con un acquisto a quel punto necessario. Una delle scelte più felici!
- Una dichiarazione d’amore da film. Avevo sentore che il Lui in questione (nulla a che vedere con l’omonimo al punto 1) nutrisse per me tutt’altro che semplice amicizia, ma era sempre rimasto al suo posto e io, che ricambiavo l’interesse, attendevo divertita l’evolversi della faccenda. Durante una tranquilla serata casalinga l’alcool fece la sua parte: si alzò dal tavolo e mi schioccò un bacio appassionato accompagnandolo a una dichiarazione in piena regola. Felice e al contempo divertita, lo rassicurai sulla reciprocità del sentimento e… lo misi immediatamente alla porta, al suono di “…e ne riparliamo domani quando ti sarà passata la sbronza, sperando tu ricorda quanto accaduto oggi”. Fortunatamente se lo ricordò!
- Essere intervistata per un quotidiano e un settimanale. Probabilmente non ha molto senso raccontarlo dato che preferisco non dare ulteriori dettagli. Tranquilli, non ho ucciso nessuno, e l’intervista era cumulativa con altre persone. Però finire col proprio nome e la propria faccia su una rivista fa sempre piacere, ammettiamolo!
- Andarmene di casa a 19 anni. Chiudermi la porta alle spalle? Fatto. Avere un proprio conto in banca? Fatto. Non dover spiegare i dettagli di ciò che faccio e ogni minimo movimento? Fatto. La libertà, il più memorabile dei momenti.
- Promettere a Bianca Pitzorno di scrivere un libro e dedicarglielo. Non alzò nemmeno lo sguardo quando glielo dissi, e rispose educatamente “grazie”. Forse lei non ci credette, ma io sì. Le persone intorno a me mi fissarono sbalordite, qualcuna mi fece un esplicito complimento. Forse non sarà oggi o domani, ma ogni promessa è debito, giusto?
- Ribadire più volte a mia madre che, qualsiasi giudizio disgustoso sarebbe uscito dalla sua bocca, non avrebbe attecchito più di un fiocco di neve sul bagnato. Mia madre è quel genere di persona su cui si potrebbe scrivere un libro.
Una delle sue caratteristiche principali, diminuita nel tempo, consisteva nel farsi trascinare dalla rabbia e vomitare i più tremendi insulti verso di me, causa uno stile di vita differente rispetto a quel che sognava per me (non impiegare il 99% del mio tempo a pulire casa). Immaginate di non vederci più dall’ira, fare di tutto per provocare chi vi sta davanti e l’interlocutore, con tutta la calma del mondo, alzare le spalle e commentare “qualsiasi cosa negativa dirai su di me, non mi interesserà minimamente”. Un’ottima palestra di vita.
- Leggere davanti a tutti in un’affollata serata in seconda elementare. Al tempo ero la più brave della classe e venni scelta per leggere in pubblico un breve testo scritto, dall’alto di un palco. Ricordo che durante le prove, in cui erano presenti pochissime persone, mi tremavano le gambe. Nel momento fatidico invece mi sentii benissimo. Lessi bene e con calma. Mi godetti gli applausi e fu un momento molto piacevole. Ancora oggi amo parlare in pubblico, e sospetto mi troverei a mio agio anche in veste di attrice teatrale.
- Fare sostanzialmente quello che mi pare. Ho sonno? Dormo. Non ho voglia di andare in palestra? Non ci vado. Rifletto sul perché non abbia ancora fatto quel magnifico viaggio in Giappone che sogno da una vita? Compro il biglietto aereo. L’essere abituata a seguire la mia corrente rende difficile focalizzarmi sui momenti “epici”: imparare a realizzare le proprie aspirazioni, per quanto piccole, toglie l’aura di epicità a quel che c’è stato prima. Più che altro perché fa apparire normali imprese che in passato ci sarebbero sembrate impossibili.
Cosa ho imparato da questa lista? Sicuramente mi verranno in mente altri momenti epici appena pubblicato l’articolo, ma pazienza. In quasi tutti i punti il ricordo è legato a sentimenti di indipendenza, guarda caso il valore che più mi rispecchia attualmente.

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5 Comments
Vittorio Tatti
Il punto 1 è da immortalare.
Il 4 emana un po’ di suspance.
Il 6 è invidiabile.
Il 10 sarebbe da seguire, ma non sempre si può.
La strega spritzettara
Infatti, ognuno fa quello che riesce, io mi trovo nella situazione di non dover rendere conto a nessuno ma sicuramente non si può fare altrettanto se si ha una famiglia, ad esempio. Un po’ tutta la conversazione di quel punto 1 sarebbe da immortalare, terrò da parte i dettagli per il mio libro.
illettorecurioso
Sarebbe bello rispettare l’ultimo punto! Purtroppo è difficile!
La strega spritzettara
Eh riconosco che molto dell’ultimo punto sia dovuto a circostanze non dipendenti da noi. O meglio, per cui é impossibile tornare indietro (come in presenza di figli, ad esempio). Ma nel proprio piccolo ognuno può seguire la propria corrente ☺️
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